Non bisogna conoscere un sacco di cose riguardo al graphic design per comprendere questo tipo di modalità espressiva, la si apprezza inconsapevoli, perché da un secolo siamo immersi nelle immagini stampate.

Una premessa necessaria: il retino di stampa è nato dalla necessità di riprodurre le infinite sfumature contenute all’interno delle immagini fotografiche, le cosiddette mezzetinte.
Un insieme di punti che nasce direttamente dall’intuizione dei pittori neoimpressionisti.
Osservando le immagini stampate i primi retini erano piuttosto “grezzi” ed evidenti a occhio nudo. Effetto indesiderato ma la tecnologia di allora, si parla di inizio 900, non consentiva di tenere nascosto il reticolato.

Poi nel tempo la qualità dei retini è migliorata e l’occhio ne ha perso la percezione, dimenticando che la sfumatura è prima di tutto un insieme di minuscoli punti stampati secondo delle “regole” ben precise.

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Oggi un’immagine stampata con un retino grossolano può apparire sbagliata e di scarsa qualità ma maestri come Josef Müller-Brockmann, artisti come Roy Lichtenstein e grafici del nuovo secolo, hanno utilizzato il retino “grossolano”, “sbagliato”, trasformandolo in elemento grafico ricorrente.
Un eterno omaggio a quella sperimentazione grafica e visiva iniziata negli anni venti, che non passa mai di moda.

Copertine di dischi, poster pubblicitari, copertine di libri, frammenti di arte pop, insomma la “rosetta” che forma la quadricromia è divenuta, per graphic designer di ogni età, un terreno di confronto da cui non si può scappare.