
Lo stampatore con le bretelle in quadricromia lo sa, e noi con lui, non è una gran scoperta, è una cosa risaputa, banale.
Ma è proprio in questa semplicità che si nasconde il cuore della stampa: qui, tra il ronzio della macchina e l’odore della carta, modernità ed esperienza si tengono per mano.
Alle sue spalle, c’è una bestia di metallo e circuiti, una macchina da stampa offset.
È sofisticata, precisa e i fogli stampati si accumulano, uno sull’altro, in un ordine perfetto.
È un’azienda di oggi, con la tecnologia che comanda: spettrofotometri, software che parlano di profili ICC, certificazioni FOGRA che mettono numeri dove una volta bastava un’occhiata.
Le prove colore, un tempo semplici indicazioni, sono diventate contratti, prove di una verità che non lascia spazio a incertezze.
Ma nell’ossessione per i numeri, nell’eccesso di precisione, c’è il rischio di dimenticare che il processo non è infallibile.
La fiducia assoluta, basata sui “delta E”, può ingannare. Le differenze tra le macchine e i dispositivi che misurano, sono realtà che nessun software riesce ad annullare completamente.
Qui, tutto è misurabile, tutto è sotto controllo. Ma lui, lo stampatore, sta lì, con la sua esperienza che pesa più dell’algoritmo.