Dal 1839 nulla può più essere come prima.

La possibilità donata dal governo francese di sfruttare liberamente l’invenzione (o meglio il perfezionamento) della fotografia ha mutato drasticamente il rapporto dell’arte tradizionale con mondo circostante.

Impressionisti, postimpressionisti, dadaisti, pop-artisti, nouveaux-realistes, mac-artists si sono confrontati prima con la fotografia e poi con la possibilità di riprodurla: cioè con la stampa tipografica.

Uno dei più grandi in assoluto, geniale in ogni suo tipo di approccio, è stato Mimmo Rotella.

Conosciuto più che altro per i suoi decollage, ma qui, citato, per i suoi “artypo”: un vero e proprio atto d’amore per il mondo della stampa offset.

Gli artypo – termine che coniuga art e typographie – contengono immagini casuali, che si formano per sovrapposizioni di stampa.

L’artista seleziona, in tipografia, fogli di prove di stampa usati per gli avviamenti di macchina, su cui lo stampatore in genere controlla colori e registro, da qui nascono dei manifesti che normalmente sarebbero destinati al macero.

“…nei fogli stampati, nelle prove di stampa di cui mi approprio, non c’è nessun vero contatto, perché lì si tratta solamente di scelta, io non opero nella, si tratta della scelta di un foglio dalla tipografia che, poi, a un certo momento, applico su un supporto”.

Con queste poche parole si può riassumere tutto il significato dei suoi artypo.

Si noti in questa fotografia come l’artista preleva i fogli che poi diventeranno “opera”, un perfetto caso di ready-made secondo l’insegnamento di Marcel Duchamp.

Mi piace carpire e osservare come l’atto creativo dell’artista è stato documentato; il gesto plateale di Rotella, una vera e propria performance artistica, diventa un’opera nell’opera. Formidabile l’atteggiamento degli operatori della tipografia, in primo e in secondo piano, che avranno senza dubbio pensato all’ennesima burla del mondo dell’arte contemporanea. Sono ormai passati sessant’anni anni e nessuno dei protagonisti di questa fotografia, poteva immaginare il valore, oggi quotato all’asta, degli stessi fogli scelti quel giorno da Mimmo Rotella!

Ma il valore economico di questa operazione artistica è secondario.

Il grande interesse per la fotografia e per i processi di foto-riproduzione meccanica che pervade tutta l’ opera dell’artista sono perfettamente inseriti nella sua epoca e ci riportano ancora oggi esempi di modernissimi lettering, impaginazioni, stereotipi iconografici che sono lo specchio di una società inserita in un particolare contesto temporale.

Il vero valore dell’opera di Mimmo Rotella rivela gusti, interessi, fantasie, “il costume storico” della sua epoca.

Par Erreur” (Carlo Cambi Editore, in collaborazione con Frittelli Arte Contemporanea) è un libro di interesse che contiene una selezione di circa cinquanta “artypo”, realizzati dall’artista tra la seconda metà degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta.

Come lo stesso Rotella scrive: “queste opere sono quadri fatti con prove di stampa, affiches procurate in alcuni stabilimenti tipografici a Parigi, Milano e Roma, dalle quali emergono immagini forti, suggestive, misteriose e spettacolari. Immagini nuove, certamente identificabili, ma difficilmente catalogabili, che si propongono simultaneamente l’una sull’altra e l’una dentro l’altra, raggiungendo straordinari livelli di efficacia visiva e comunicativa”.