Le immagini che vediamo a video sono immateriali.

Chi ha almeno 40 anni ricorda certamente le fotografie su pellicola, fotocolor, diapositive etc, che diventavano il punto di riferimento per tutta la filiera della stampa.
Il “bravo fotolitista” era colui che riusciva a portare sulla carta ciò che si vedeva su una diapositiva, con una (lunga) serie di compromessi, perché normalmente l’immagine sulla pellicola conteneva più informazioni di quante fosse possibile riprodurne.

1980. Ritoccatori in un laboratorio grafico: colori più saturi.
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Ma a ben vedere poco è cambiato, il percorso che va dalla fotografia alla stampa su carta resta ricco di variabili e di compromessi!

Oggi la tecnologia ha semplificato molto i processi ma ha reso difficile se non impossibile avere un’immagine di riferimento precisa come al tempo del fotocolor.

Spesso il cliente ci dice che l’immagine a monitor è perfetta, ma su quale monitor? Con quale livello di luminosità?
Ecco perché possiamo dire che l’immagine è “liquida” e di fatto prende la forma del recipiente che la contiene.

Solo una prova colore calibrata e certificata potrà dare una idea precisa di cosa si otterrà in stampa, considerando che la gamma tonale di una macchina da stampa sarà sempre inferiore a quella di un monitor.

Ma anche la prova colore è sostanzialmente un compromesso e rischia a sua volta di diventare (molto!) liquida se non si rispettano tutti i parametri e non si considera il supporto finale di stampa.